Leonardo Naveiras de Uña
Leonardo Naveiras è nato nel 1987 in Spagna. Dal 2007 al 2009 ha studiato produzione audiovisiva e spettacolo presso la Scuola dell’Immagine e del Suono di Coruña, la sua città natale. Nel 2009 ha acquistato la sua prima macchina fotografica professionale e ha iniziato a scattare foto per divertimento e un pò per lavoro. Tra quell’anno e il 2012 ha condotto diversi corsi di fotografia e montaggio in diverse scuole, tra cui Edingburgh College of Arts e Stills Gallery, lavorando contemporaneamente nel campo della pubblicità. Ha lasciato quest’ultima attività, pur essendo ben retribuita, dopo aver realizzato il terribile impatto che la pubblicità irresponsabile ha sulla società.
Dal 2010 fino ad oggi ha viaggiato in oltre trenta paesi in Europa, Asia e Nord Africa; per migliaia di chilometri, zaino in spalla, in autostop e campeggio, trovando in questo un modo diretto e immediato per avvicinare altre persone. Attualmente risiede in spagna.
“Per me viaggiare è lasciare la comodità di quello che so, vedere cosa succede, e scoprire che questo è esattamente ciò che sta accadendo dentro di me. Il viaggio è per me un atto d’amore; smettere di cercare il controllo, accettare il cambiamento, riconoscerlo, e scegliere liberamente cosa fare, camminando in connessione profonda e sorprendente con la vita di cui faccio parte.
Ho realizzato che la vita e il viaggio sono una cosa sola, e che la mia “casa” è dove mi trovo in ogni momento. La macchina fotografica è un mezzo per comunicare, condividere, per espandere la coscienza, e anche uno strumento con cui mi piace giocare durante il viaggio. Non lo scopo principale del mio viaggio, è il viaggio stesso; come lo scopo principale della vita è semplicemente vivere.”
Fotografie
Due formati 34×24 – 32×46 cm
Tiratura in 10 copie
In formati più grandi solo su richiesta e in tiratura unica
There is light -Tibetan monastery
24×34 cm
There is light – Bundi, India
24×34 cm
There is life – Sky burial – Langmusi, China
32×46 cm
The cycle – Tibetan women collecting sheep dung for fuel – Langmusi, China
34×24 – 32×46 cm
Praying monks – Tibetan Buddhist monastery, Xiahe, China
32×46 cm
Body to land – Xiàhé, China
32×46 cm
Sacred walls – Id Kah Mosque, Kashgar, China
32×46 cm
Sacred walls – Sertri Gompa, Langmusi, China
32×46 cm
The three levels of recognition – Jama Masjid, Delhi, India
34×24 – 32×46 cm
The bride – Few minutes after getting married in an arranged marriage, sheltered by a relative – Varanasi, India
24×34 cm
Children playing jacks with stones – Kolkata, India
32×46 cm
The man and the machine – Darjeeling, India
Red handkerchief – Tokyo, Japan
34×24 – 32×46 cm
Along the way – Kyoto, Japan
24×34 cm
Master of kendo at Kyu-Butokuden – Kyoto, Japan
32×46 cm
Kendo, The Way of The Sword – Kyoto, Japan
32×46 cm
Married women with baby buying vegetables – Varanasi, India
24×34 cm
Inside the cage – Dhaka, Bangladesh
24×34 cm
Ladakhi Kid – Ladakh, India
24×34 cm
View of Sumdah Chun – Ladakh, India
24×34 cm
Cleaning tea leaves – Amritsar, India
32×46 cm
Sadhu with the skin protected by vibhuti – Pushkar, India
24×34 cm
Old man washing his clothes in the Ganga – Varanasi, India
32×46 cm
Appunti di viaggio
There is life – Sky burial – Langmusi, China
C’è vita. I corpi dei buddisti tibetani vengono lasciati come alimento per gli uccelli, che porteranno il loro spirito al cielo. Colui che ieri mangiava oggi viene mangiato. La vita trasforma se stessa.
The cycle – Tibetan women collecting sheep dung for fuel
Langmusi, China
Le pecore e gli yak forniscono lana, latte, carne e sterco che viene utilizzatocome combustibile per cucinare e riscaldarsi nelle freddissime notti dell’Himalayas
Praying monks – Tibetan Buddhist monastery, Xiahe, China
All’interno del tempio, tra tappezzerie in seta e colonne di legno faticosamente decorate, risuona la recitazione del mantra
Body to land – Xiàhé, China
Gli stivali dei monaci sono lasciati fuori sul portico ad attenderli e le porte del tempio sono state sigillate per la preghiera. Donne arrivano attraverso una strada di montagna fangosa con i loro lunghi capelli divisi in due trecce e pregano a mani giunte.
Sacred walls – Sertri Gompa, Langmusi, China
Alcuni uomini tibetani fanno girare una “ruota di preghiera mani” al ritmo del mantra “Om mani padme hum” – “io sono il goiello nel loto”. Si avvalgono di un rosario “mala” per tenere il conteggio della preghiera
Children playing jacks with stones – Kolkata, India
In un umile strada di Calcutta, si sentono forte le risate dei bambini, che nonostante siano nati in povertà e sfruttati fin da piccoli, sentono ancora forte la voglia di vivere.
Sadhu with the skin protected by vibhuti – Pushkar, India
Alla ricerca dell’illuminazione, Sandu rinuncia ai beni materiali; molti scelgono anche di rinunciare ai loro vestiti e di coprire i loro corpi e le loro fronti con vibhuti, le ceneri sacre legate al culto di Shiva.
Married women with baby buying vegetables – Varanasi, India
La linea di zafferano che segna la loro fronte, Kumkum, e il braccialetto alla caviglia indicano il loro stato di donne maritate. Sullo sfondo della
scena il palazzo tinto di blu annuncia che lì vive un Brahmin, un membro della più alta casta sacerdotale indù.
The bride – Few minutes after getting married in an arranged
marriage, sheltered by a relative – Varanasi, India
“Mi ricordo lo spazio decorato dell’umile dimora dove si è svolta la cerimonia, quasi al buio, in una baracca senza finestre. Ricordo la coppia seduta su un tappeto di fronte all’officiante il rito mussulmano del Bengali, e la sposa che si è letteralmente sgretolata a terra alla fine della cerimonia.
Gli uomini uscirono fuori dalla stanza, lasciandola a piangere accudita dalle altre donne. Dopo un pò un parente entrò nella stanza, la sollevò da terra e la scortò fuori, verso la sua nuova casa.
Ricordo i suoi occhi, i suoi occhi indimenticabili rigati di lacrime.”
Red handkerchief – Tokyo, Japan
Foto scattata durante una cerimonia del tè a Tokyo. Le mani di una donna rimuovono con straordinaria attenzione, quiete e bellezza, un fazzoletto rosso dall’apertura del kimono.
Ho incontrato Leonardo a Taipei durante una mostra di fotografia che avevo in corso in uno dei grattacieli commerciali della capitale taiwanese; è sorprendente come ci siamo incontrati e trovati, due europei, dall’altra parte del mondo, in una città che conta quasi tre milioni di abitanti.
Si è presentato, con il suo modo semplice e diretto, quasi con aria dimessa;
anche se il quartiere dove ci trovavamo mi aveva abituata a vedere solo uomini e donne in impeccabili completi eleganti, il clima torrido di Taipei non invita certo all’eleganza soprattutto da parte di un ragazzo abituato a girare il mondo zaino in spalla. Sembrava così fuori posto che, devo ammetterlo, mi sono accostata con scetticismo al suo portfolio; non ero quindi preparata all’impatto delle sue fotografie: bellissime immagini di reportage da Tibet, Cina, Giappone e India, incoerenti nel loro impatto emotivo e d’intenzione per un ragazzo di così giovane età.
Mi avevano colpito. E non è impresa semplice poichè ognuno di noi, ogni giorno, è sommerso da immagini fotografiche che arrivano, senza essere richieste, da ogni dove, per le quali possiamo provare una sorta di interesse generale, ma che si rivelano essere solo questo, immagini. La facilità con cui si trova e si diffonde è uno dei motivi per cui la fotografia fatica tanto ad essere riconosciuta come arte; ma l’arte non è forse il prodotto di quell’attimo perfetto in cui l’immagine compositiva ritratta o scattata si fonde con la visione dell’artista, il suo estro creativo, il suo talento, la sua tecnica e un pizzico di casualità? Cos’è che fa quindi di una fotografia un pezzo d’arte? La fotografia diventa oggetto del mio desiderio quando contiene quel pungolo, come lo definisce Barthes, quella fatalità che mi colpisce, mi seduce, che provoca in me tanti piccoli shock ogni volta che in essa scopro dettagli sempre nuovi.
Un sottile desiderio, un agitazione interiore che smuove dentro di me memorie sottaciute di gioie strazianti, nascoste, che aleggiano al limitare del mio inconscio. Ciò che mi manca, che non riesco ad afferrare, mi viene restituito dalla fotografia che scava il suo segno.
Così sono le fotografie di Leonardo Naveiras. Non sono artificialmente costruite tramite espedienti, ma rappresentano il vero attimo catturato.
Lui vive nei luoghi che fotografa, ne coglie l’essenza e li fa propri, e attraverso i suoi scatti, li condivide con noi.
Queste immagini sono la riproduzione di un attimo perfetto che non si ripeterà mai più, che noi possiamo rivivere nelle fotografie di Leonardo. Possiamo entrare in contatto con esse, con i personaggi che le popolano, scendere e camminare per una strada assolata di Dehli, in mezzo a donne dai colori sgargianti e profumi esotici; ascoltare il rumore delle preghiere dei monaci Tibetani o il cozzare delle spade di legno dei maestri di Kendo; sentire il freddo di una giornata invernale passeggiando nella foresta di bamboo di Kyoto o incontrando lo sguardo di un bambino in un capanno a Ladakh. E una parte di quei luoghi resta dentro di noi.
Sara Cavagnari
Testo critico di Ilaria Gentilini
Immersioni
Una possibile lettura del modo di descrivere le relazioni che caratterizzano la vita del presente, passa attraverso l’annullamento delle distanze fisiche e temporali. Lo spazio contemporaneo diventa compresso e stipato al punto da ridurre l’individuo ad una perdita di orientamento e linearità, rischia di incentivare le sequenze temporali ad una estrema velocità di esecuzione. Le due entità spazio-tempo incorrono in un movimento continuo e rivedono la loro reciproca relazione. Franco Vaccari è chiaro a riguardo, “oggi lo spazio è accartocciato, fessurato, è diventato curvo, pieno di buchi e di prospettive ingannevoli.”
L’idea di spazio intesa come luogo in cui oggetti e cose trovano una collocazione, è ormai limitata ad una definizione obsoleta e riempie una sola parte della nostra esistenza; esiste uno spazio ulteriore, non tangibile, ma altrettanto definibile che ogni individuo ha modo di vivere nella quotidianità. Chiamiamolo virtuale, simulato, concettuale, immateriale, ognuno di questi aggettivi ne definisce un’identità, un modo di interagire e intervenire nella routine di ogni giorno. Questo tipo di mutamento si concentra su di un sottilissimo equilibrio e influisce sulla lettura del mondo. Si riduce lo scorrere oggettivo dei secondi; il tempo diventa personale ma condiviso tra dimensioni parallele. L’evoluzione si fa intensiva, non più costruita sull’attesa, ma sul tutto e subito. Svanisce l’idea di mistero nei confronti di ciò che sta per accadere e il vissuto si trasforma comprimendosi, ponendosi alla costante ricerca di un qui e ora riconoscibili e comprensibili. L’attenzione è concentrata sul presente; un presente non più in grado di evolversi o storicizzarsi, ma capace di assorbire l’individuo.
Il lavoro del giovane artista spagnolo Leonardo Naveiras de Uña, passa attraverso la necessità di riscoprire un equilibrio personale e sull’idea di abbandono. L’artista sfugge dalla compressione spaziale e temporale contemporanea per cercare nell’altrove nuove corrispondenze, nuovi orientamenti. Lascia l’appiglio delle sue tradizioni d’origine per diventare un ibrido, un punto cardinale di sé stesso o un ponte tra la nostra realtà quotidiana e il mondo e lo stile di vita che ci precludiamo.
Decide di lasciare il suo lavoro nel campo pubblicitario, un’esistenza sicura ma eticamente controversa, e dedicare la vita al viaggio, in un percorso immersivo e totalizzante; sceglie una meta lontana da usi, costumi e familiarità, nel tentativo di ripartire dall’inconnu, l’ignoto. L’artista ritrova equilibrio orientando il proprio cammino verso territori in cui è necessario un altro tipo di spaesamento. La vera operazione artistica sta nel viaggio, sostenuto, poi, dalla fotografia che lo aiuta a raccogliere paesaggi lungo il cammino. La macchina fotografica diventa supporto ad un processo artistico che trasporta l’artista in una dimensione riscoperta, a cavallo tra esperienza lasciata ed esperienza trovata.
Le immagini sono avvolgenti e diventano un’occasione di scambio, una suggestione che invoglia a rivedere il nostro punto di osservazione sul mondo. Gli scatti accompagnano, ma diventano anche un reportage necessario agli occhi dello spettatore per avvicinarsi al vissuto dell’artista. Il colore, più di tutto, è chiave di questa lettura; guida lo sguardo all’interno dell’immagine e traccia un percorso che consente di inoltrarsi fisicamente nell’opera, nel territorio e negli istanti raccontati. Il nostro sguardo si immerge nel cammino esplorato dall’artista, così come l’artista si immerge nelle realtà dei protagonisti conosciuti. Il nostro sguardo si immerge nel cammino esplorato dall’artista, così come l’artista si immerge nelle realtà dei protagonisti conosciuti. I colori seducono al punto da coinvolgere le diverse percezioni e i diversi sensi; in maniera sinestetica le visioni proposte da Naveiras de Uña danno ai nostri occhi, al nostro tatto e al nostro olfatto l’occasione di entrare a far parte del viaggio.
Il viaggio si trasforma per desiderio di una nuova ragione di orientamento individuale; un’immersione in ciò che si incontra momento per momento. Lo spostamento geografico è necessario, e necessari sono la processualità e il modo in cui allontanarsi dal consueto per avvicinarsi al non ordinario. Il tempo e l’attimo acquisiscono un valore indispensabile all’esplorazione e al reportage di immagini raccolte. È in questi termini che il tempo acquisisce un valore soggettivo; Naveiras de Uña cede sé stesso al presente. Le immagini profumano di esperienza vissuta, ma non di memoria, sono come documenti di un passato che appare vivo nel presente ed è in grado di trasmettere nell’immediatezza le emozioni di quell’attimo raccolto e donato. Donare per l’importanza che il dono porta con sé e per l’essenza dell’haul, lo spirito dell’oggetto donato.
Il percorso di Naveiras de Uña è in cerca di quello spirito, di uno spazio fisico, del fascino del semplice e di ciò che nel tempo e nello spazio presente ha modo di scoprire. Le sue immagini vogliono dare attenzione all’attimo e appaiono come l’inizio di un nuovo ciclo, una nuova storia, un nuovo viaggio, un nuovo orientamento appunto.