Fabio Civitelli
Fabio Civitelli nasce a Lucignano il 9 aprile 1955. Durante l’ultimo anno di Liceo Scientifico, nel 1974, ottiene il primo lavoro in ambito fumettistico, Lady Lust, per lo studio di Graziano Origa, pubblicato per i tipi della Edifumetto, casa editrice specializzata prevalentemente in tascabili erotici.
In un periodo particolarmente fervido per il mercato del fumetto in Italia, dato il proliferare negli anni Settanta di settimanali a fumetti e di fumetti in generale nelle edicole, collabora anche per la Editoriale Dardo (celebre per i fumetti di guerra della collana Supereroica, oltre che per il classico Il grande Blek e il più recente Gordon Link) e la Ediperiodici (anch’essa specializzata prevalentemente in pocket pornografici, più recentemente ha pubblicato qualche manga).
Per la casa editrice Universo ha disegnato nel 1977 sulle riviste Il Monello e Intrepido. In questo periodo utilizza lo pseudonimo Pablo de Almaviva, a causa del quale Sergio Bonelli lo taccerà di aver ritardato l’ingresso nel suo staff, perché non riusciva a capire chi fosse questo disegnatore che pure apprezzava. Nel 1979 è sulle pagine di Bliz, per la stessa Universo, con il personaggio di Doctor Salomon, scritto da Silverio Pisu. Sempre nel 1979 ha avuto un approccio con i personaggi di Marvel Comics disegnando storie autoprodotte in Italia dell’Uomo Ragno e dei Fantastici Quattro, per la rivista SuperGulp! (Arnoldo Mondadori Editore).
Il 1979 è anche l’anno della svolta della sua carriera: nell’ottobre, grazie a Fernando Fusco (suo amico e collega) viene presentato quasi casualmente a Sergio Bonelli, che lo ingaggia immediatamente. Inizialmente lavora su Mister No, per il quale realizza una manciata di storie (pubblicate dall’ottobre del 1980 al maggio 1984), su testi di Alfredo Castelli, Claudio Nizzi e Tiziano Sclavi. Al personaggio tornerà soltanto nel 1994 con un Almanacco dell’Avventura. Disegna anche la storia Pomeriggio cubano su testi di Giuseppe Ferrandino nel 1983, per la rivista Orient Express, sempre di Bonelli.
La vera affermazione è nel 1984 quando Fabio Civitelli viene chiamato a disegnare Tex, personaggio su cui lavora tutt’oggi e a cui ha lasciato la sua impronta.
“Dintorni e Ravenna”
Corna, Arezzo 2018
Rettangolo, Bagnoro 2016
Manichini, Arezzo 2017
Doppio Riflesso, Arezzo 2017
Curve, Arezzo 2017
Arabeschi, Arezzo 2017
Continuità, Arezzo 2016
Ics, Siena 2015
Palo, Arezzo 2017
Profili, Arezzo 2016
Ripetizione, Arezzo 2016
Riflesso, Gubbio 2016
DUE PASSIONI
Due sono le passioni che da sempre hanno animato la mia vita (in realtà sarebbero anche di più, ma allora dovrei parlare della famiglia, dello sport, della lettura ecc.) e che mi hanno accompagnato in modo molto diverso per tutta la vita: la passione per il disegno e quella per la fotografia. Della prima però sono riuscito prestissimo a farne una professione, mentre la fotografia è sempre stata praticata sì con impegno ma in modo totalmente personale e svincolata da ogni intento professionale.
Nel campo del disegno, dell’illustrazione e del fumetto mi sono sempre impegnato seriamente, ho avuto anche la fortuna di entrare da giovane a far parte della più importante casa editrice italiana del settore (Sergio Bonelli Editore) e di dedicarmi da ormai trent’anni al personaggio simbolo del fumetto italiano, Tex Willer, di cui ho illustrato oltre quattromila pagine.
In tutto questo tempo è cresciuto l’apprezzamento dei lettori verso il mio lavoro, tanto che adesso mi vengono assegnate sempre delle storie “importanti”, per cui mi ritengo soddisfatto e appagato.
Diverso è stato il mio percorso fotografico, e per certi verso, opposto: nei primi anni ottanta mi concentravo su immagini spettacolari e coloratissime, le inviavo a concorsi e a riviste, tanto che ho avuto dei portfolios dedicati su riviste dell’epoca (Fotopratica e la mondadoriana Il Fotografo), poi ho cominciato a sviluppare una ricerca più impegnata e perfino concettuale che ha prodotto le serie CHIAROSCURO, I COLORI DELLA NOTTE e soprattutto LUOGHI COMUNI, contenente anche la serie PAESAGGIO UMANO, il mio lavoro più importante, che porto avanti da più di 30 anni. In tutto questo tempo ho voluto concentrarmi a sviluppare un linguaggio sempre più personale, ma ho preferito non mostrare più a riviste ed esperti finché non mi sono sentito pronto. Soltanto da poco ho preso coraggio e ho cominciato a mostrare le mie fotografie alle letture portfolio che si tengono in vari festival fotografici.
Recentemente alcune mie fotografie sono state pubblicate sulla pagina Facebook di Leica Camera Italia
“La fotografia è essenzialmente una disciplina analitica. Mentre un pittore inizia con una tela vuota e costruisce un’immagine, un fotografo si trova davanti il disordine della realtà e deve scegliere un’immagine. Un fotografo in piedi davanti a case, strade, persone alberi e manufatti di una cultura impone un ordine sulla scena che ha di fronte: semplifica il caos dandogli una struttura e impone quest’ordine scegliendo un punto d’osservazione, un’inquadratura, un momento per lo scatto e un piano di messa a fuoco.”
“Quando uno spazio tridimensionale viene proiettato monocularmente su una superficie vengono a crearsi dei rapporti che non esistevano prima che la fotografia venisse scattata. Gli oggetti sullo sfondo vengono giustapposti a quelli che si trovano in primo piano e, se si cambia il punto di osservazione, cambiano anche questi rapporti.”
Questi estratti dal bel libro di Stephen Shore, LEZIONE DI FOTOGRAFIA, descrivono perfettamente le difficoltà che incontro nella mia ricerca fotografica.
Essendo di professione illustratore e pittore e avendo parallelamente sempre praticato una fotografia di ricerca, avverto la difficoltà di “piegare la realtà ai miei voleri”. Questo mi era già difficile nel realizzare la serie LUOGHI COMUNI riguardante il paesaggio urbano con connotazioni “metafisiche”, adesso che pian piano ho inserito la figura umana all’interno di una struttura ambientale generalmente urbanizzata le difficoltà si sono moltiplicate.
Come indica il nome della serie (PAESAGGIO UMANO) la mia intenzione è di utilizzare la figura come un elemento dell’arredo urbano con il quale interagisce a volte in modo ironico, altre con connotazioni più surreali.
Pur partendo da un’idea precisa e non scattando d’istinto, le situazioni mutano velocemente ogni secondo e spesso non basta neanche essere reattivi e concentrati per catturare “quel” momento che realizza i rapporti tra le figure e lo sfondo che prefiguro nella mia mente, tanto che queste immagini mi hanno richiesto più di tre anni di lavoro, nonostante abbia sfruttato tutti i momenti liberi per andarmene a caccia di soggetti con la mia Leica.
Abituato alla manualità in pittura, pur usando adesso una moderna fotocamera digitale, curo personalmente lo sviluppo del file e la stampa su carta di qualità museale ( Canson Platine Fibre Rag) con una stampante professionale Epson.